E-commerce in Italia, in 10 anni triplicate le aziende che vendono online

Non solo Amazon, eBay o Etsy. Stando ai numeri, l’e-commerce in Italia sembra godere di buona salute e prosegue nella sua crescita. La perdurante crisi dei consumi interni e i veloci cambiamenti nelle abitudini di spesa fanno decollare il ruolo di internet. Qui troviamo il “marketplace” più ambito dagli italiani. E le imprese non si fanno pregare a raccogliere la sfida.

Accanto a brand globali come Amazon, Zalando, Booking, Alibaba o eBay, negli ultimi dieci anni è letteralmente “esploso” l’esercito delle imprese in Italia  che hanno alzato le loro saracinesche virtuali sul web. Ricca la proposta che va dall’abbigliamento ai cosmetici, dall’arredamento e design agli articoli per bambini o per la pesca. Nelle offerte sugli e-commerce non mancano auto e moto, casalinghi, food, biciclette, parquet, prodotti farmaceutici, libri, occhiali, giocattoli fino alle “piante di acqua dolce”, ai sistemi di allarme e ai servizi di pompe funebri. Alla fine di dicembre dello scorso anno, le imprese del commercio operanti nella vendita al dettaglio su internet hanno superato le 20mila unità, triplicando il numero di quelle esistenti alla fine del 2009.

Secondo i dati elaborati da InfoCamere e Unioncamere – sulla base del Registro delle imprese delle Camere di commercio – il ‘boom’ delle imprese di vendita via internet (circa 14mila imprese in più in dieci anni) non è riuscito a compensare la contrazione di operatori del settore. Nello stesso periodo l’intero il commercio al dettaglio è diminuito di oltre 16mila unità. Tra il 2009 e il 2018 le imprese della vendita al dettaglio attraverso internet sono infatti aumentate di 8.994 unità (+24% all’anno). Nello stesso periodo, l’insieme del settore del commercio al dettaglio ha “perso” circa 16.400 imprese, pari ad una riduzione del 2% nel decennio (passando da 866mila a 850mila unità).

Le opportunità del web hanno stimolato più di ogni altri gli imprenditori del Sud. Se in termini assoluti le regioni a più alta crescita sono state Lombardia, Campania e Lazio (rispettivamente +2.634, +2.018 e +1.555 unità), in termini relativi quelle che sono cresciute a ritmo più sostenuto sono state Campania, Abruzzo e Calabria (tutte oltre la media del 35% all’anno).  Seguite da Puglia, Basilicata e Sicilia con aumenti medi superiori al 25% in ciascuno dei dieci anni considerati.

ecommerce italia

Un capitolo a parte è quello relativo all’efficacia e sostenibilità economica di un e-commerce aziendale. Se da un lato aumenta il numero delle aziende con un proprio e-commerce in Italia, nulla sappiamo sulla loro reale redditività. Le vendite di e-commerce in Italia sono complessivamente in crescita del 13,6% (dati 2018 della Camera di Commercio Milano) ma crediamo siano andati ai soliti noti, Amazon in primis.

Verso il tramonto del “Content is king”?

content king

Dopo 20 anni dalla prima dichiarazione “Content is the king” (Bill Gates nel 1996), ora (forse) assistiamo al suo tramonto. Il “valore” dell’informazione è infatti sempre più legato alle piattaforme attraverso cui viene distribuito. I manager del settore Entertainment & Media stanno perdendo la fiducia nel 
modello di business per il quale il “content is king”. 
Il successo dei social media e delle piattaforme tecnologiche simili dimostrano il loro “valore” nel catturare l’attenzione dei consumatori in una quota crescente, a spese di contenuti di qualità. E’ quanto emerge dal rapporto di PwC Entertainment & Media Outlook 2018-2022, che ha intervistato i ceo di grandi aziende del settore. Secondo le loro indicazioni le dinamiche caratterizzanti la convergenza 3.0 porteranno con buone probabilità all’emergere di super-concorrenti.

I cambiamenti attesi impatteranno in modo significativo il reparto della distribuzione tradizionale di TV, cinema e stampa, che assumerà caratteristiche più innovative attraverso l’utilizzo di internet. I risultati del sondaggio mostrano come il settore stia perdendo sicurezza nel suo modello di business nel quale “content is king”.

Le piattaforme assumeranno un ruolo via via più importante nell’ecosistema Entertainment & Media, alcune grandi aziende, che non sono attualmente viste come piattaforme, sceglieranno di consolidarsi ulteriormente in quella direzione, creando un altro gruppo di super-concorrenti.

“Il paradigma “content is king” che ha guidato i media in questi ultimi anni viene oggi messo in discussione dalla tecnologia – spiega il PwC italian Tmt leader Andrea Samaja – il contenuto resta importante ma la piattaforma che lo gestisce, che ne governa accesso e fruizione, può diventare ancora più determinante”.

 

Il contenuto da
 solo non è più sufficiente a sostenere un business solido e durevole. I nuovi player (“disruptor”) sono riusciti ad attrarre velocemente i consumatori verso nuove piattaforme online, customizzate e user-friendly. Tali player sono poi stati in grado di convincere i consumatori finali, fruitori dei contenuti a diventare autori loro stessi.

I cambiamenti attesi nei prossimi anni impatteranno in modo significativo anche sul reparto della distribuzione tradizionale di TV, cinema e stampa. Questa  assumerà caratteristiche più innovative attraverso l’utilizzo di internet. Quando la digital disruption iniziò ad affermarsi negli anni passati, le figure dirigenti del settore Media hanno avuto fiducia nelle loro capacità di creare contenuti e nel disporre di ampie library.

Le nuove piattaforme hanno usato sistemi
 di analisi dei dati per determinare quali fossero gli argomenti che interessassero di più al pubblico. 
Tali analisi sono stati usate per creare, attraverso produttori terzi, contenuti di alta qualità e interesse. Tanto che ha portato ad avere piattaforme controllate da grandi nuovi player che stanno minando la redditività dei tradizionali produttori e distributori di contenuti. La pubblicità si sta via via spostando verso tali nuovi canali di distribuzione.

Nel 2019 per la prima volta la spesa per la pubblicità su Internet supererà quella per gli spot in tv. Gli spot su Internet attireranno 3,286 miliardi di euro (segnando +10,3% sul 2018) di investimenti, mentre nelle televisioni verranno investiti 3,228 miliardi (+1,9%).