Donadon (H-Farm): “Il digitale pervade le nostre vite, nostro compito è abbracciare questa rivoluzione”

donadon h-farm

“Il digitale sta pervadendo ogni area della nostra vita e il nostro compito è di abbracciare, cavalcare e sfruttare questa rivoluzione. Ormai non esiste ambito in cui la tecnologia non abbia dato il suo contributo: l’editoria, il commercio, la finanza, lo sport, i trasporti, l’educazione, la salute, la moda”. Riccardo Dona- don, ospite dell’ultima assemblea ACRiB, ha creato nella campagna trevigiana la “fabbrica degli umani”. La sua creatura H-FARM, l’h sta per human, è una realtà innovativa in grado di supportare la creazione di nuovi modelli d’impresa, educazione dei giovani e delle aziende italiane in un’ottica digitale. Lungo le anse del Sile a Ca’ Tron di Roncade (Treviso), poco distante dall’aeroporto veneziano di Tessera, è possibile fare un salto nel futuro. Un futuro dove tecnologia e natura si mescolano.

H-FARM, che vede alla vicepresidenza Maurizio Rossi, oggi ospita oltre 550 persone, ma punta ai 3.000 nei prossimi tre anni. Dopo avere venduto la sua ultima creazione E-Tree (società di servizi digitali), Donadon trascorre un anno sabatico dedicandosi al giardinaggio e nel 2005 fonda H-FARM, prima iniziativa al mondo ad adottare un modello che unisce in un unico luogo la formazione, gli investimenti e la consulenza alle imprese. Dal 13 novembre 2015 la società è quotata in Borsa a Milano. “Nei prossimi 10 anni il mondo che conoscevamo scomparirà definitivamente con l’introduzione dell’innovazione, non solo tecnologica, ma anche di modello che pervaderà tutto. Alcuni lavori, che già oggi iniziano ad essere rari, scompariranno definitivamente e ne nasceranno di nuovi – spiega l’innovatore trevigiano –. La rivoluzione digitale modificherà non solo i modelli di business, ma anche aspetti e piccole abitudini del nostro vivere quotidiano. Penso all’Internet of things che semplicherà la nostra vita, facendo nascere nuove abitudini nei consumatori che vivranno esperienze sempre più personalizzate grazie ai big data, in ogni settore. Ma anche ad Alexa, l’assistente virtuale di Amazon che oggi si evolve e si prepara a riconoscere addirittura le nostre emozioni”.

Nel 2016 è stato calcolato che circa il 65% della popolazione europea ha effettuato acquisti sul web, un dato destinato a crescere. Da anni oramai l’e-commerce ha stravolto le nostre abitudini relative al processo di acquisto. La comodità e la praticità dell’acquisto online stanno avendo il sopravvento su quello tradizionale ma l’innovazione e la rivoluzione digitale stanno oggi stravolgendo ogni aspetto del processo di acquisto. Ne è la riprova Apple che ha semplificato ulteriormente questo procedimento attraverso Apple pay, che trasforma l’iPhone in una carta di credito. Nell’ultimo anno il suo utilizzo è cresciuto del 450% nel mondo grazie proprio a punti di forza come semplicità, sicurezza e privacy.

“La rapidissima diffusione che sta avendo Apple Pay, ad esempio, testimonia la necessità di un’evoluzione dei servizi di pagamento generata dai nuovi bisogni dei clienti e del mercato – prosegue Donadon –. L’urgenza di transazioni personalizzate, facili ed istantanee è conseguenza della trasformazione dei mercati e dei canali di distribuzione sempre orientati alla multicanalità, per cui negozio fisico e online tendono a fondersi”.
Le imprese in generale non stanno però sfruttando appieno i vantaggi della trasformazione digitale. “È ormai imprescindibile innovare nei processi per diminuire i costi, facilitare l’accesso alle informazioni e migliorare la customer experience e la produttività dei dipendenti. Soprattutto per il settore del fashion è necessario ripensare gli store fisici e focalizzarsi su quelli virtuali. Il compito delle imprese è di rinnovarsi e di tenere il passo con l’innovazione: molte aziende si stanno rivoluzionando in ambito retail per offrire ai propri acquirenti non solo i prodotti, ma soprattutto un processo esperienziale di shopping innovativo, personalizzato e coinvolgente”, prosegue il fondatore dell’acceleratore di imprese trevigiano.

Esperienze innovative nel settore della moda sono quelle che H-FARM mette in campo con i negozi Diesel. “Nei principali negozi di tutto il mondo Diesel presenterà l’esperienza ai consumatori con vetrine cinetiche basate su un innova- tivo sistema interattivo. Il progetto digitale è composto da un’installazione video in cui il consumatore potrà interagire con i personaggi presentati nel video della campagna”, conclude Donadon.

Diesel è da sempre un brand sinonimo di avanguardia, che fa dell’innovazione un vero e proprio tratto distintivo. Iniziando dalla boutique milanese di Piazza San Babila, l’azienda fondata da Renzo Rosso ha recentemente presentato il nuovo modello di digital retail realizzato in collaborazione con il team della divisione Industry di H-FARM. Il modo in cui il consumatore interagisce con il punto vendita e i prodot- ti è totalmente rivoluzionato, grazie alla componente digitale e all’utilizzo di tecnologie capaci di esaltare la loso a di Diesel, arricchendola di contenuti interattivi che coinvolgono di più i clienti, migliorano il servizio e rendono più e caci le vendite attraverso l’analisi dei dati raccolti. All’ingresso del negozio si trova la digital concierge, un’interfaccia interattiva su schermi touch che dà il benvenuto ai clienti, fornisce informazioni su promozioni ed eventi in corso e aiuta i clienti ad orientarsi nel punto vendita. Tavoli interattivi riconoscono autonomamente i capi e camerini intelligenti danno suggerimenti e indicazioni sui capi scelti. Le soluzioni sviluppate da H-FARM Industry sono altamente scalabili e facilmente replicabili, in modo da poter applicare il piano digitale alle altre boutique di Diesel nel mondo se il test di Milano darà esiti positivi.

Partirà in autunno invece il primo progetto di “open innovation continuo”, che si svolgerà tra le sedi di Ca’ Tron e New York. In collaborazione con Liz Bacelar (fondatrice di Decoded Fashion ed esperta internazionale di moda), H-FARM ha lanciato eCurrent, una nuova piattaforma che si rivolge alle realtà leader del fashion favorendo l’adozione di soluzioni innovative, tecnologiche e digitali, attraverso attività di scouting di startup, eventi mirati e programmi di accelerazione.

Moretti Polegato jr: “Così ho rilanciato Diadora, patrimonio sportivo italiano”

moretti polegato diadora

“Un patrimonio italiano dello sport rischiava di andare perduto. Abbia- mo così deciso di acquistare e rilanciare Diadora per tre motivi: il logo biforcato non lo conosceva più nessuno, i fondi interessati avrebbero snaturato l’azienda e soprattutto è una mia s da personale”. Enrico Moretti Polegato, glio del patron della Geox, ha spiegato così la scelta della famiglia di Crocetta del Montello (Treviso) di acquistare e rilanciare lo storico marchio dello sportwear italiano.
Moretti Polegato Jr è stato ospite della facoltà di Economia di Padova, invitato dal professore Giovanni Costa (Strategia d’Impresa), per raccontare la storia della Diadora, rinata dopo la decisione presa otto anni fa di rilevare l’azienda di Caerano San Marco (Treviso) acquistandola per circa 15 milioni di euro, attraverso la nanziaria Lir.

Allora Diadora era un fascicolo del Tribunale di Treviso, finita in concordato, in attesa di trovare un nuovo acquirente o destinata al fallimento. Fondata dalla famiglia Danieli nel 1948 poco lontano da Montebelluna, è stata la prima a puntare sui testimonial (da Bjorn Borg a Baggio, da Van Basten a Boris Becker, per citarne solo al- cuni). Enrico Moretti Polegato, 36 anni, oggi presidente e ad di Dia- dora, all’Università di Padova c’era passato da studente tra i banchi di Giurisprudenza. Dopo la laurea, il praticantato, quindi l’esame di stato. “Raggiunto il titolo, ho capito che la vita di avvocato non era fatta per me, volevo fare l’imprenditore – racconta -. Anche se poi un’avvocato l’ho sposata”.

Casa a Cannaregio (Venezia), passione per la corsa, nita anticipatamente la carriera in tribunale si sono ovviamente aperte le porte della Geox, dove già lavorava du- rante gli studi. “Avrei potuto farmi mandare un po’ ovunque nel mon- do, dagli Usa a Hong Kong, ma sarei sempre stato il glio del “capo” e questa cosa non fa per me”, spiega. Quindi l’occasione di mettersi alla prova con Diadora, ricoprendo la carica di amministratore delegato e presidente. La “cura Polegato” dura da 8 anni, ora si raccolgono i frutti con un fatturato in crescita del 18,4% a cambi costanti (“Da sempre l’azienda si auto nanzia”).
“La prima cosa da fare – continua Moretti Polegato – era quella di identi care i valori del brand e di rilanciare il marchio. Anzitutto abbiamo de nito la nostra identità, legata a doppio lo allo sport. Poi abbiamo pensato alla nostra storia, un patrimonio che garantisce l’autenticità del prodotto. Noi recuperiamo anche modelli passati, ma che sono “veri” nel senso che sono stati realmente nostri prodotti degli anni ‘70, ‘80 e ‘90”.

Quando è stata rilevata la società, l’impressione era che non comunicasse più, nonostante una storia pluridecennale alle spalle. “L’azienda era andata in crisi negli anni 2000, è mancato l’adattamento all’evoluzione del mercato, capita a molti – spiega Polegato -. Guarda i dinosauri, grandi e grossi, non hanno saputo adattarsi e sono spariti. Mentre le tartarughe, fragili se confrontate a loro, ci sono ancora”. E il pensiero va ai grandi colossi d’Oltreoceano, senza mai citarli. “Stiamo lavorando per a rontare al meglio il mercato degli Stati Uniti”. Continua il presidente: “Inoltre, abbiamo dato grande importanza all’innovazione, che non deve consistere in un brevetto astratto, ma costituire una realtà tangibile: l’atleta deve sentirsi meglio e ottenere prestazioni migliori”.
Il fatturato 2016 è di 152,6 milioni (era a 70 nel passaggio di proprietà), mentre quello aggregato arriva a 261 milioni (che aggiunge anche quello dei licenziatari, presenti in alcuni mercati lontani). Ora l’Italia pesa il 60% delle vendite, il resto viene fatto all’estero: principalmente Europa, Corea del Sud e Giappone. Presenti in 60 Paesi, direttamente o indirettamente, in alcuni mercati in licenza con partner industriali (specie in Sudamerica, dove ci sono dazi).

Di integrazione con Geox non se ne parla. “Le due aziende hanno poco in comune, a parte il cognome dei presidenti, ed io che siedo in entrambi i cda – prosegue Moretti Polegato -. Poi però la distribuzione commerciale è diversa, come lo sono i settori e le strategie. Ma soprattutto perché io mi diverto da solo”. Recentemente è stata introdotta la tecnologia Diadora Blushield, nata nel centro ricerche di Caerano San Marco, che modi ca il modo di concepire il running. La maggior parte dei corridori riscontra infatti problemi di iper-pronazione, oltre ad un’asimmetria nella corsa tra il piede destro e il piede sinistro. Nelle calzature Diadora Blushield la scarpa si adatta al nostro corpo e non il contrario. Così si minimizza la tendenza asimmetrica dei piedi e trasforma l’appoggio irregolare in una corsa bilanciata, che combina perfettamente assorbimento ed elasticità, producendo una corsa più veloce e dinamica.

Con il passaggio di proprietà i dipendenti erano una quarantina, oggi sono saliti a 240, molti ex sono stati riassunti. L’età media dei dipendenti è 37 anni.
Vecchi consumatori da riconquistare e la s da per raggiungere quelli che non hanno vissuto la “vecchia” Diadora, sono le sfide del nuovo management: “Grande attenzione al mondo social e inclusività esterna, far sentire tutti parte di Diadora”.

Recentemente una campagna online molto riuscita ha documentato la consegna ad un ignaro acquirente di Barcellona di un paio di scarpe portate con una sta etta di 1.500 Km da Caerano San Marco no alla città spagnola, che ha visto la par- tecipazione anche dell’olimpionico Gelindo Bordin.
L’iniziativa racchiude in sè la nuova loso a del brand “make it bright”, fare le cose in un modo che sia unico e identi cativo del brand, il trasformare l’ordinario in straordinario. Come ad esempio trasformare una semplice consegna di un paio di scarpe, in un’avventura che ha al centro lo sport, ma soprattutto la gioia di fare sport.

“Altro elemento forte è stata l’a er- mazione dell’italianità, con il reshoring della produzione in patria – conclude Moretti Polegato -. Oggi a Caerano San Marco si produce il top di gamma, cioè un’edizione limitata di pregio. L’obiettivo è arrivare entro l’anno a 100 mila paia e nei prossimi tre a coprire il 7-10% della produzione totale dell’azienda”. (nb)